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IL PARCO MARINO DEL PICENO: UNA SCOMMESSA PER LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO COSTIERO?!

Da oltre una decina di anni, scienziati e associazioni ambientaliste come Greenpeace sostengono che almeno un 30% del Pianeta Acqua dovrebbe essere sottoposto a forti limitazioni nella pesca o addirittura considerato riserva integrale anche in aree non costiere, se si vuol investire in un prossimo futuro che salvaguardi la biodiversità delle risorse marine e ciò in stretta relazione alle sempre maggiori esigenze alimentari delle popolazioni umane, a cominciare da quelle costiere.

Purtroppo il comportamento dei vari stati e il business della pesca industriale, di fatto, vanificano questa necessità, che sembra sempre più somigliare ad un’utopia planetaria. Restringendo al Mediterraneo, le aree di rispetto proposte da tempo sono percentualmente sempre nella stessa misura e con una forte indicazione anche per le zone pelagiche.

Come è noto, però, le disparità sociopolitiche dei paesi che si affacciano al Mediterraneo rendono già difficili gli accordi sulla pesca e pertanto anche trovare il solo consenso, per il rispetto di una biodiversità patrimonio comune, non entra negli interessi generali e per convincersi basta un confronto fra le normative sulla pesca dei paesi comunitari rispetto a quelle assai permissive degli extra.

L’Italia sembrerebbe occupare una posizione avanzata rispetto alla tutela degli ambienti marini, perché può vantare ben 27 Aree Marine Protette (AMP), distribuite da Nord a Sud e con alcune di grande significato come le Egadi, le Pelagie e Ustica. A Nord abbiamo AMP di Portofino nel M. Ligure e Miramare nell’alto Adriatico e tutte sembrerebbero esempi di comportamento virtuoso in un paese che non sempre è esemplare nel rispetto ambientale.

Le nostre AMP coprono estensioni trascurabili rispetto alla complessiva realtà costiera e, se considerate come esempio di “integrità ambientale”, in pratica, sono scarsamente vigilate e protette tanto da diventare anche attrattive per i criminali del mare, che le considerano un’area d’interesse per le loro attività di pesca di frode e rapina. Un altro esempio virtuoso per tutti può essere quello di Torre Guaceto nel Salento dove i pescatori, Slow Food e il WWF da anni cooperano per il mantenimento di un’AMP, che è diventata produttiva per la pesca locale anche fuori dagli spazi che ne definiscono i confini. Sempre in Puglia, di recente, si è aggiunta la nuova realtà dell’Oasi Blu del Mare di Ugento, che coinvolge direttamente i pescatori locali col pieno sostegno di Slow Food.

Il concetto è banale: se si dà spazio e tempo per riprodursi, le specie marine sono in grado di ricolonizzare ambienti anche molto sfruttati e qui il punto cruciale è il ruolo della comunità dei pescatori che diventano custodi e difensori del loro mare. In altri casi le AMP sono viste con diffidenza, se non con ostilità, soprattutto se fuori dalle aree tutelate, dove la possibilità di pesca è sempre più scarsa per eccesso continuativo di prelievo.

Il ragionamento ora può essere semplicemente sviluppato in un “perche’ non diffondere e incoraggiare il contributo dei pescatori locali nella gestione delle AMP? “Sembra banale, ma il vero ostacolo è che si fa riferimento alla sola pesca locale, la quale praticherebbe una “PESCA SOSTENIBILE“ con attrezzature di prelievo con minimo impatto dei fondali e da utilizzare conformemente alla stagionalità e biodiversità nell’area d’interesse.

 

L’ OSTACOLO, come sempre, è quello della PESCA INDUSTRIALE non disposta a rinunciare ai propri metodi distruttivi utilizzati per anni, anche sotto costa, e dove le RETI a STRASCICO e le VONGOLARE TURBOSOFFIANTI sono l’esempio eclatante per tutto l’Adriatico. La pesca industriale dispone di potentissimi sostegni provenienti dalla politica con la sua frammentazione nelle lobbies locali e pertanto la piccola pesca locale, che potrebbe anche diventare sostenibile, è destinata ad una perenne sconfitta.

Come superare questa difficoltà apparentemente insormontabile? E’ necessario che più comunità di pescatori lungo la costa si muovano consorziate e ricevano un forte sostegno dalla cittadinanza di appartenenza, col fine di considerare tutto il territorio marino una risorsa per tutti e non una miniera estrattiva per pochi! In Adriatico, ai confini fra Marche e Abruzzo, esiste un’AMP quella di Torre del Cerrano, ricca di pregi ambientali e che potrebbe fare da volano, risalendo verso San Benedetto del Tronto, poco più a Nord, per promuovere un’estensione e sinergizzarsi con l’AMP del Piceno (che al momento esiste sulla carta).

Una maggiore promozione ambientale, se avesse anche come riferimento un sito come San Benedetto del Tronto, uno dei maggiori porti pescherecci del medio Adriatico, diventerebbe un modello ed esempio di come sia possibile recuperare le risorse marine costiere, anche dopo anni di severo e a volte incontrollato sfruttamento. La proposta di un Parco Marino del Piceno esiste da anni e la sua mancata attuazione è il risultato di interessi contrastanti, che ora sarebbe il momento di appianare ed eliminare in un’ottica di investimento sulle risorse marine delle nostre coste.

La sinergia tra due AMP, con il conseguente coinvolgimento delle popolazioni costiere, potrebbe diventare un modulo potenzialmente applicabile ad altre realtà delle coste italiane, dove ovviamente il punto nodale ambizioso è la limitazione della pesca industriale e la valorizzazione di quella locale… piccola e con pratiche di sostenibilità. La battaglia non è facile, ma è l’unica via che ci può far uscire da una situazione sempre più di sfruttamento delle risorse marine e dove già s’intravede come punto di stallo finale …l’esaurimento delle stesse.

Poichè il nostro progetto BFGF? promuove la tutela delle risorse marine, in questo caso grazie alla appassionata collaborazione con Alessia Consorti, ex fiduciaria Slow Food di San Benedetto del Tronto, al presente scritto verranno allegati alcuni links che potranno documentare la realtà descritta nel tentativo di riproporre attenzione e consenso per l’istituzione del PARCO MARINO DEL PICENO.

Di fatto si vuole solo contribuire alla diffusione di idee e concetti che interpretino e diano forza all’ identificativo del sito stesso: BLUE FOOD: GREEN FUTURE?

Roberto Di Lernia

 

RINGRAZIAMENTI

I ringraziamenti vanno all’appassionato impegno di Alessia Consorti, ex fiduciaria di Slow Food di San Benedetto del Tronto e al fotografo Domenico Battistoni ex fiduciario di Slow Food di Fabriano. Di lui potrete apprezzare alcune immagini in bianco e nero che troverete inserite in questo contributo. Le sue fotografie vogliono essere un omaggio alla piccola pesca e ai loro protagonisti nel segno di una continuità che non deve sparire e che necessita di un impegno collettivo in sua difesa.

 

VEDI IMMAGINI PDF >> La piccola pesca a Martinsicuro

 

LINKS PER APPROFONDIMENTO :

  1. Fotogallery Torre del Cerrano
  2. Il Parco Marino del Piceno
  3. Raccolta vongole Mar Adriatico
  4. Pesca abusiva in AMP

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