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La Repubblica: “La pesca sostenibile esiste eccome”, la scienza boccia “Seaspiracy”.

“Seaspiracy ha rimesso in accesa discussione e attenzione gli obiettivi e i metodi della pesca industriale e le sue certificazioni compiacenti. Un esempio per tutti il dilagare planetario della flotta peschereccia cinese che non certifica nulla. Le aree marine protette (AMP) gestite dalle comunita’ di pescatori locali che diventano anche i difensori delle stesse, sono un modo possibile e “sostenibile” che deve avere all’ origine il comportamento dei consumatori fin’ ora in feed back con le offerte della grande distribuzione che promuove lo ” sfilettato, spinato, preparato in versione congelato e /o in versione industriale Sushi / Sushimi “.

Seaspiracy e’ una denuncia personale e non un documentario scientifico e di fatto ha ignorato la realta’ della pesca locale “sostenibile” e quindi ha dato una visione parziale delle modalita’ di pescare. Ma l’ innegabile pregio e’ il grande effetto mediatico sul pubblico che obbliga anche la comunita’ scientifica a ritornare a pronunciarsi su gli stessi problemi di overfishing gia’ messi in evidenza nel 2009 dal video-documentario “The end of the line” …Siamo al capolinea” ora caduto nel dimenticatoio e a dimostrazione che nel complesso le tematiche sulle risorse marine ,aggiornate con gli effetti del riscaldamento delle acque…non sono cambiate !

Roberto Di Lernia

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